PRIMO ALTARE A SINISTRA

 

Guercino, “Un miracolo di San Carlo Borromeo”, 1612-13 ca., olio su tela

 

La tela DAL 23/03/2024 AL 28/07/2024 è in prestito alla mostra GUERCINO. IL MESTIERE DEL PITTORE ai Musei Reali di Torino

 

Soggetto del dipinto: uno dei miracoli di S. Carlo Borromeo ossia quello della guarigione di un bimbo nato cieco. Si tratta di un soggetto poco praticato in pittura ma che forse stimolò la fantasia del nostro pittore che deve il suo “nome d’arte” proprio ad un evidente difetto della vista (strabismo).

La scena dipinta è ambientata in una stanza di una casa di campagna, quasi interamente occupata da figure e, sulla destra, da un imponente camino. Entriamo così con lo sguardo in un interno abitativo, quasi come se ci si aprisse il sipario su una scena teatrale. La presenza del gatto ne accentua il realismo. L’apertura della scena sullo sfondo esterno, invece, è minima e resa possibile dalla presenza, nell’ambiente raffigurato, di una porta che appunto apre verso l’esterno

La bambina girata di tre quarti ritratta al centro della tela è il fulcro narrativo del dipinto. I gesti delle sue mani sono quelli che “attraggono” l’attenzione e lo sguardo dell’osservatore. Si instaura un gioco di rispecchiamento: la bimba con gesto confidenziale “strattona” per la manica la donna di casa (una servetta? una parente? La madre stessa della bambina?) che sta accendendo il fuoco e la induce a guardare verso il punto in alto cui lei tende con l’indice dell’altra manina.  Così anche noi seguiamo questa duplice direzione gestuale e siamo a nostra volta portati a scoprire l’apparizione che solo la bimba, simbolo della purezza riesce a percepire e vedere: il volto di San Carlo Borromeo (1538-1584, cardinale di Milano), molto caro alla devozione della gente del tempo. Se si osserva con attenzione e con le giuste condizioni di luce l’angolo della tela in alto a sinistra, si riesce a scorgere la “doppia presenza” di questa figura: quella centrale, con la mano benedicente, che irrompe dall’alto in vesti cardinalizie dai colori accesi, e quella alla sua destra, quasi nascosta, con le mani giunte e in atto di preghiera raccolta. La doppia immagine può richiamare la duplice importanza di questo grande protagonista della storia delle Chiesa della Controriforma: egli che era sì cardinale, alto prelato, uomo di grande cultura, autorevolezza dottrinaria e ascendente, ma era anche prete dei poveri, dei malati, dei derelitti, pastore sempre vicino alla gente.

Le due donne ai lati della bambina sono colte in attività ordinarie. C’è molta spontaneità e tenerezza nei loro atteggiamenti: quello della mamma che culla tra le braccia il piccolo che viene risanato dal Santo, e quello dell’altra donna che si volge alla bambina sentendosi tirare per il grembiule. Volti e abiti delle due popolane sono più che dignitosi ma non hanno nulla di sfarzoso, non ci sono gioielli a impreziosirli: la condizione sociale di queste persone non deve essere stata particolarmente elevata, anzi. Si tratta di donne semplici, dedite alla cura della casa e dei figli.  E all’amorevolezza nella cura dei bambini va forse ricondotto il particolare della raffinata acconciatura della bambina oggetto di studio particolare da parte del Guercino.

In questo dipinto è importante notare le fonti di luce: quella che promana dall’alto e colpisce a “cascata” soprattutto mamma e bambino in fasce, ma anche il volto e le mani della bambina, e quella che colpisce la donna che accende il camino ed è colpita dalla luce sprigionata dalla fiamma che tiene in mano per avviare il fuoco. Dato il soggetto del quadro è spontaneo cogliere una sorta di parallelismo simbolico tra questi punti di luce che rischiarano il buio dell’ambientazione e metterli in relazione col tema del dipinto, ossia la guarigione e quindi il passaggio degli occhi del bambino in fasce dal buio alla luce, avvenuto grazie ad un miracolo del Borromeo.